Giulia, il miglior muro d'Europa: "Andiamo a Tokyo per vincere"
E' una delle testimonial nazionali di Aism: "Raccontando la mia vita spero di aiutare qualcuno a comprendere la malattia"
E’ tra gli organizzatori di “Strabilianti”, la manifestazione livornese dedicata allo sport paralimpico e alla diffusione della cultura sull’inclusione, nata per divulgare, informare, abbattere stereotipi e vecchi preconcetti sulla disabilità, che si è appena conclusa con un enorme successo di pubblico.
Si chiama Giulia Aringhieri, è campionessa nazionale di Sitting Volley, eletta “Miglior muro d’Europa” agli scorsi campionati eu-ropei disputati in Turchia. Giovane, bella e simpatica, è fatta d’acciaio e tutti la temono. È una delle atlete di punta della squadra di Sitting Volley femminile che per la prima volta si è qualificata per le Paralimpiadi di Tokio. Una conquista storica.
È stata proprio lei a scagliare, letteralmente, oltre la rete il pallone vincente che ci ha regalato la prima medaglia europea e la qualificazione olimpica per Tokio.
Com’è andata?
«Quando agli ultimi Europei ab- biamo battuto la Germania e sa - pevamo così di esserci qualificate per Tokio – racconta Giulia - ognuna delle mie compagne aveva una luce particolare negli occhi; c’era chi piangeva, chi rideva, chi esultava con tutto il fiato che aveva in gola. Una vittoria del genere è stata così importante perché conquistata tutte insieme: ci è capitato tante volte di gioire insieme, soffrire insieme, discutere, confrontarci, sorridere e piangere. Tutta la gamma delle emozioni che potevo provare le ho provate con loro, tutte insieme. Sono convinta che vincere e gioire da sola non è come farlo insieme alla tua squadra. Tutto ha un’intensità e un valore diverso. Vincere quella partita lì è stato come veder avverato un sogno. Ma ha significato veder premiata la costanza, la fatica, l’impegno di tutte. Conquiste come queste sono crescita».
Cosa significa giocare in una squadra di pallavolo?
«Significa avere fiducia sempre nelle tue compagne: è qualcosa di straordinario, potente. Vuol dire che hai la sicurezza, anche se sbagli facendo un passaggio che non è preciso e va fuori campo, - spiega - la squadra ti sostiene lo stesso».
Bello e nobile quest’aspetto della condivisione e dell’accettazio- ne sportiva, ma come la mettete con questa vostra adrenalinica e straordinaria competizione che vi ha portato a cambiare la storia del Sitting Volley italiano?
«Beh... - sorride Giulia - che noi entriamo in campo per vincere, perché competere ci rende più forti e libere».
Ma vi piace vincere?
«Sì, ci piace eccome! Anche per- ché in questo gioco, ciascuno combatte ad armi pari sulla difficoltà dell’avversaria. Che io abbia la sclerosi multipla non è una condizione che impedisca né di perdere né di vincere. Questo sport, così vero, adrenalinico, competitivo, non ha filtri. Qui nessuno ti squadra con compassione. Qui sei te stessa con libertà. Ma giocando. Questa è la vita, a ben vedere».
E la vita è nello sport ma è anche più grande dello sport, che arriva prima e va oltre.
«Lo sport è stata un'altra fase molto particolare della mia vita, specialmente dopo aver ricevuto la diagnosi di sclerosi multipla. Essendo una sportiva a livello agonistico sentita in difficoltà anche nei confronti della squadra, della società. Avevo paura di essere giudicata più per la malattia che per il mio valore sportivo. Se sommiamo il discorso sportivo e la mia chiusura verso gli altri, posso dire che mi ero creata una specie di maschera. Per almeno un paio di anni sono stata in silenzio, ho fatto quasi finta di niente, continuando a giocare a pallavolo. Poi ho fatto outing nel mondo dello sport – racconta la pallavolista -. E il cul- mine l'ho raggiunto con la chiamata in Nazionale di sitting volley».
Perché ha scelto di diventare testimonial dell’Associazione Ita- liana Sclerosi Multipla?
«Dopo la diagnosi ho conosciuto AISM. Da AISM ho ricevuto le informazioni giuste che poi mi hanno aiutato a comprendere questa malattia e a prenderne coscienza, incontrando altre persone con SM. Vedere altre persone, parlare con loro mi è stato di grande aiuto. E quindi, oggi, se in qualche modo raccontando di me e della mia malattia posso aiutare qualcuno, spronandolo a non chiudersi in se stesso, a cercare stimoli e ad avere fiducia nella vita, io sono felice. So bene che cosa si prova e so che aiuto può dare essere coinvolti nell'Associazione, come è stato per me. Spero di poter fare anche io la mia parte» - dice Giulia con tutta la grinta di cui è capace».
Ti vedremo a Parigi?
«Eh... - sospira - A ottobre per la prima volta, si disputeranno in Ita- lia i campionati europei di Sitting Volley, sia femminili sia maschili. Darà un posto solo per Parigi: dovremo puntare alla medaglia. Sa- rà la medaglia a garantire all’Italia le qualificazioni paralimpioniche. Ma noi, non temiamo nulla. È questa è la nostra forza».