Cinzia Diddi: «Ecco perché mi candido a Firenze»
di Cinzia Diddi
A Firenze venerdì 29 marzo si è svolto presso il Murate Art District (MAD) di Firenze “Ecce Dominus”, un evento di arte “viva” progettato e realizzato dall'Associazione no profit “Wind Mill” di Laura VDB Facchini e curato da Laura Monaldi, con la partecipazione anche in mia rappresentanza del poeta Leonardo Rindi, grande amico e coautore del mio prossimo libro in uscita a maggio.
Il focus dell’evento: le differenze di genere. Preceduto da tre edizioni di “Ecce Domina”, il cui punto di vista è al femminile, “Ecce Dominus” rispecchia il punto di vista maschile e ha trovato, esibendosi per la prima volta nel capoluogo toscano, il palcoscenico per la sua seconda edizione. Attraverso la partecipazione attiva, la ricerca e la condivisione, il progetto mira a promuovere un dialogo inclusivo e riflessivo sull’identità di genere in vari contesti, costituendo una rete di ideali, prospettive e punti di vista, soggettivi e scientifici, critici e originali, volti a non arrestarsi ma a compiere passi, piccoli o giganti che siano. È sicuramente importantissimo continuare a sensibilizzare attraverso eventi di questa portata. Dobbiamo far capire che tutto parte dal sensibilizzare, dall’educazione al rispetto, per apprendere che l’autocontrollo e i comportamenti funzionali derivano da un’educazione costante.
Cinzia Diddi e la politica
Questa volta voglio soffermarmi su una data importante per le donne/madri vittime di violenza. Ho vissuto in prima persona la violenza domestica e mi ero promessa di aiutare le donne vittime prima in casa e poi dello Stato. Si chiama violenza istituzionale ed è una delle prime cose di cui vorrei occuparmi, uno dei motivi più importanti per cui ho deciso di candidarmi in politica. Si subisce violenza istituzionale non soltanto quando una donna, dopo aver trovato il coraggio di denunciare, non viene creduta, ma anche quando viene costretta insieme ai propri figli a vedere, incontrare contro la propria volontà, un padre/ compagno violento.
La Convenzione Europea dei diritti umani il 10 novembre 2022 , data storica da segnare sul calendario, ha condannato di nuovo lo Stato italiano per un caso in cui non è stata garantita protezione e tutela a madre e figli, vittime di un padre violento, costringendoli per tre anni agli incontri protetti. Il 10 novembre è una giornata da ricordare: i diritti delle donne madri e dei bambini sono stati pienamente affermati. Ma non basta!Non bastano, lo ripeterò di continuo, panchine rosse e numeri di tutela, il 1522, se non ci sarà un cambiamento radicale. Quante condanne al nostro Paese, dovremo leggere ancora prima che chi commette questi ennesimi crimini, in violazione di Convenzioni internazionali e Carte dei diritti di minori e donne vittime di violenza, paghino loro stessi? Il mio progetto politico mirerà a quelle falle nel sistema che devono essere sistemate.
Ci sono pregiudizi ideologici tra gli addetti ai lavori (assistenti sociali, educatrici, CTU, centri convenzionati coi tribunali) che condizionano e influenzano le conclusioni dei giudici, in quanto sostengono l’importanza della bigenitorialità come presunta garanzia del benessere dei figli a prescindere dalla funzionalità della figura genitoriale paterna nei confronti del benessere psicofisico dei minori. Promuovere il diritto alla bigenitorialità, anche quando sono portate avanti richieste di misure di limitazione della frequentazione con un padre per motivi attinenti a violenze in famiglia o addirittura a presunti abusi sessuali sui figli minori, significa stravolgere la normativa in materia di diritto di famiglia, al fine di non tener conto dei motivi di separazione e della volontà dei figli, e sostenere sempre e comunque la frequentazione con il genitore inadeguato; a tale scopo si arriva a negare e minimizzare l'esistenza delle violenze in famiglia o le paure esperite dai figli.
Io, pur considerando , il principio della bigenitorialità in linea teorica a fondamento di un sano sviluppo psicofisico dei minori ed un loro precipuo diritto poter mantenere un funzionale rapporto affettivo e di cura con entrambi i genitori, non ritengo che tale principio possa rappresentare il punto di partenza per il delicato mandato che hanno i professionisti incaricati nelle varie procedure aventi, invece, il compito di valutare ed analizzare quanto il rapporto e la frequentazione con un genitore possa rappresentare sempre, e in ogni caso, un beneficio per i figli. Il meccanismo di recupero tout court della figura paterna e della bigenitorialità forzata è noto a chi si occupa di diritto di famiglia e di separazioni e ha fatto ingresso nelle aule giudiziarie in maniera piuttosto silenziosa ma devastante. Il principio di sano diritto, invece, deve porre al centro il benessere psicofisico dei minori e non perseguire l’esigenza dell’adulto.
L’alienazione parentale è ascentifica.
Considerare i minori totalmente condizionati dalla madre può incidere su diritti fondamentali essenziali per lo sviluppo della loro personalità e sulle loro libertà inviolabili. Solo condizionamenti accertabili su un piano scientifico a partire da comportamenti concretamente posti in essere, possono costituire la ragione per decidere contro la volontà espressa dai minori, che il diritto vuole al centro di ogni decisione che li riguardi. Sostenere che i figli hanno diritto sempre e comunque alla bigenitorialità, senza nesso alcuno con il tipo di legame che sussisteva prima di quella separazione, non è tutelante i minori stessi. E se la ragione della separazione fosse proprio il fatto che il tipo di rapporto padre/figli non era “equilibratoo era inesistente? O che il genitore risultasse disfunzionale e non tutelante il benessere psicofisico dei minori? Inoltre, le ragioni per cui i figli non desiderano più frequentare il padre devono essere individuate nel rapporto specifico fra padre e figli, e non nelle presunte manipolazioni e nei comportamenti materni. Questo è quanto è successo a me personalmente ed è il principale motivo della mia candidatura. Solo chi ha subito può capire la reale sofferenza e come aiutare gli altri.
Nella foto: un abito della stilista Cinzia Diddi per la famosa attrice Serena Grandi