Una riflessione doverosa

Orrore a Gaza, ora il mondo ha più paura

La rubrica "Citofonare Buscemi" trasloca nell'editoriale. Un racconto puntuale e un punto di vista articolato di una delle guerre più feroci di sempre

Orrore a Gaza, ora il mondo ha più paura
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di Andrea Buscemi


La rubrica “Citofonare Buscemi”, questa settimana, trasloca nell’editoriale. Anche con questo articolo, come ogni venerdì, avrei voluto affrontare qualche tema artistico o culturale, ma credo che quanto è accaduto in Israele qualche giorno fa sia talmente tanto eclatante e terribile da sovrastare qualunque altro argomento.  Oggi niente e nessuno può davvero distoglierci da quell'orrore, tant'è che sono in molti a ipotizzare che la carneficina a cui il mondo ha assistito, e quello che ne seguirà, rientri nella logica della “distrazione di massa" rispetto ai tanti nodi economici, so- ciali, finanziari e ancora di scontri nel nord est d'Europa, da cui continuiamo ad essere afflitti e che attendono di essere affrontati e risolti. 

Talmente assurdi e senza precedenti sono i fatti accaduti sabato scorso da offuscare qualunque altra notizia. Anche se così fosse, se cioè esistesse una simile perfida regia della Russia impegnata nell'usurante con- flitto ucraino o di chissà chi, l'inferno che si è scatenato sabato affonda le radici sulle annose e insolute que - stioni legate alla Striscia di Gaza, che tutto il mondo vede da decenni come una polveriera.  Ma le modalità di quanto accaduto, e che gli onnipresenti mezzi di comunicazione di massa hanno portato immediatamente nelle case di tutti gli abitanti del pianeta, davvero non hanno precedenti. 

Ogni guerra è terribile, questo va da sé. Atteso che l'uomo non è affatto buono per natura e che sa darsi un contegno solo per scelte di etica o di cultura o di religione o di qualche altra convenienza, la Storia ci ha abituato a resoconti raccapriccianti, spiegati a piene mani in tutte le epoche. Per noi uomini e donne moderni  resteranno per sempre indelebili le immagini dei campi di concentramento di Auschwitz e Mathausen, e la terribile distruzione di Hiroshima portata dalla bomba atomica. Spaccati di crudeltà e malvagità resi a noi più familiari solo perché ne abbiamo potuto riprodurre le immagini e fruirne, ma certamente chissà quante volte anticipati o emulati, certo in altre forme, nel corso dei secoli. 

Quanto accaduto sul confine della Striscia di Gaza appartiene a qualcosa di indefinibile, un misto di azioni di guerra e di terrorismo che porta con sé perfino un che di tribale. Qualcosa di antecedente alla civilizzazione umana, un misto di ottuso e stralunato sadismo che sì, certamente avrà avuto anche qualche altro precedente nel corso dei millenni, ma credo mai con questa efferratezza, con questa sistematica pianificazione della sofferenza da imporre come ineluttabile castigo al nemico. 

Anche se il nemico non è un altro soldato equipaggiato e pronto a combattere, ma si tratta di civili inermi, vecchi, donne e bambini del tutto innocenti. Qualcosa di simile deve essere accaduto con le pulizie etniche in Kosovo o durante i rastrellamenti nazisti nei ghetti polacchi. 

Ce lo ha ben raccontato Steven Spielberg in Schindler's List, ma proprio perché pur basandosi su fatti veri e documentati, quel bellissimo film era pur sempre una ricostruzione cinematografica, le immagini passate in questi giorni sulle televisioni di tutto il mondo e sui social, quasi in diretta, ci hanno resi tutti consapevoli e inorriditi spettatori di qualcosa di di- sumano, di un modus per infliggere il dolore che non ha precedenti.  È stato varcato un limite che sembrava invalicabile pur nell'atavica scelleratezza di ogni guerra, e purtroppo l'immediata diffusione e pubblicizzazione di quei fatti possono facilmente condurre altri esaltati all'emulazione, non solo nei territori mediorientali ma in ogni luogo del mondo. 

Abbiamo ben letto le esternazioni trionfalistiche di molti dopo questi tragici e mai giustificabili fatti, abbiano visto la manifestazione di Milano dove centinaia di persone hanno applaudito alle gesta di Hamas, come se il conflitto politico potesse au - torizzare un genocidio. 

Quando l'Europa ha fatto così poco per monitorare i flussi migratori nei  nostri territori, lasciando sin troppo sola l'Italia, favorendo così il rischio di infiltrazioni terroristiche che non so- no più ipotesi peregrine, chissà a cosa pensava. 

Mentre siamo già afflitti da quanto dolore sarà ancora sparso a Gaza e dintorni, ormai preannunciato e ineluttabile, si spera che quanto di mostruoso sta accadendo inviti finalmente il governo di Bruxelles, se non quello di Washington, a debite e irrimandabili riflessioni circa il cul de sac nel quale rischiamo inesorabilmente, prima o poi, di infilarci. 

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