Come vivere con la sclerosi multipla, intervista al tenore livornese Marco Voleri

Come vivere con la sclerosi multipla, intervista al tenore livornese Marco Voleri
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di Enrica Marcenaro

«Non siamo mai pronti per la malattia. L’ho pensato tante volte…Non ci abitueremo mai alla sorpresa di dover affrontare un cambio di vita repentino. Che richiede sofferenza, impegno e ancora impegno». A parlare è Marco Voleri, il tenore livornese di fama internazionale, attualmente coordinatore artistico del Dipartimento Mascagni, direttore artistico del Mascagni Festival, della Mascagni Academy, del concorso lirico internazionale 'Voci Mascagnane' presso la Fondazione Teatro Goldoni di Livorno.

Non vanta solo un curriculum musicale di altissimo livello - ha cantato in importanti teatri (tra cui La Scala e La Fenice) e lavorato con grandi registi, come Beppe de Tomasi e Franco Zeffirelli. Ha semmai una storia personale straordinaria. E si è
fermato a parlare con noi. Non di musica, ma di malattia. Della sua esperienza di malattia. La sua storia scalda il cuore
e dà speranza. La sua è una storia di riscatto nonostante una malattia invalidante come la sclerosi multipla.

La tua, Marco, è una storia unica, piena di felicità, nonostante le difficoltà e le incertezze che questa malattia mette sulla tua   strada ogni giorno.
«Vero. Questa malattia ti colpisce quando meno te lo aspetti. E ti cambia per sempre. La mia vita è cambiata la
mattina del 19 luglio del 2006, dopo una serata passata all’anfiteatro di Fiesole, eravamo in scena con un’opera di Puccini, il mio compositore preferito. Quando ci penso, vedo una scena da film: al mattino apro gli occhi, l’aria che si respira sembra uscita da un phon. Mi alzo, un capogiro. Ricado sul letto. Mi tocco la mano destra,un formicolio incredibile. Gamba destra, lo stesso. Partedestra del viso, idem. Comincia così la mia storia con la mia malattia. È lì, in quella mattina che finisce la mia prima vita e inizia la seconda. Proprio come se fosseun secondo tempo».

E come è questo tuo “secondo tempo”?
«Complicato ma bello».

Cosa è accaduto dopo quel 19 luglio?
«Che quel formicolio nella parte destra del corpo, che quella strana stanchezza, che quell’equilibrio che si fa precario
sono diventati una costante. Qualche mese dopo i primi sintomi è arrivata la diagnosi di sclerosi multipla. Avevo trent ’anni e una carriera da tenore appena avviata. La mia prima preoccupazione era come gestire i concerti e le audizioni in giro per il mondo senza sapere come mi sarei svegliato domani. Per un po’ ho scelto di tenere segreta questa mia nuova e scomoda compagna di scenae di viaggio. E poi nel 2013 ho deciso di rivelarla al mondo, pubblicando anche un libro, fondando persino una mia associazione dedicata alla sensibilizzazione su sclerosi multipla e sulla disabilità. Il mio libro, “Sin tomi di Felicità” è un diario a quattro mani con la sclerosi multipla. Ho raccontato la mia storia e soprattutto la mia passione per la vita e la musica che si è rivelata più forte di ogni paura.

Come si vivono i primi momenti dopo una diagnosi come la tua?
«Difficilissimi. Duri. E credo che sia facile da immaginare: sei un trentenne uscito dal conservatorio che sogna di debuttare con i primi ruoli da solista nel mondo dell’o era. E se si pensa che per rendere possibile questo sogno si studia, ci si sacrifica ogni giorno per almeno vent’anni. Quando ti capita una malattia che rende inconciliabile il tuo sogno con la vita… Beh tutto sembrava distrutto, ormai impossibile».

E poi?
«E poi, con gli anni, questa cosa si è trasformata in forza positiva. Ho capito che avevo due strade davanti a me: o rinunciare al canto e alla musica o dovevo trovare un modo per vivere la mia passione nonostante la malattia! Io ho scelto la seconda strada, ho scelto di voler essere felice».

E come si riesce a essere felici? Qual è il tuo segreto?
«Dopo aver dovuto rimodellare le mie aspettative come cantante, ho intrapreso strade che mi hanno dato nuove prospettive lavorative rispetto al settore in cui opero da oltre 20 anni: dirigo un festival internazionale dedicato a Pietro Mascagni e una accademia di alto perfezionamento per cantanti lirici, oltre ad un concorso lirico internazionale. Una bella scommessa che mi dà molte soddisfazioni, ma mi fa arrivare in fondo alle mie giornate letteralmente esausto. Come persona con SM ho riflettuto molto in questi anni rispetto a queste attività, credo che ognuno abbia il diritto di inseguire i propri sogni anche a livello di carriera, e questo, si, lo faccio con tutte le mie fo ze. Da qualche anno tengo masterclass di canto lirico in Italia e all'estero e ho cominciato a firmare regie d'opera, l'ultima è stata quella di Madama Butterfly al Teatro Politeama di Lecce. Non rinuncio, insomma, ad inseguire i miei sogni. In barba alla SM, compagna scomoda di certo, ma che non la vince con me, anche grazie
alle cure e alla ricerca, che sono determinanti rispetto alla qualità della vita e, nel mio caso specifico, mi consente di curarmi e vivere esattamente come voglio vivere».

Non c’è dubbio dell’altissimo livello del tuo curriculum, ma il resto?
«Anche il resto è felicità, èbellezza, è passione. Al mio fianco c’è Giulia, mia moglie. Ci siamo conosciuti a Tivoli durante un convegno dell’Associazione italiana sclerosi multipla. Lei era invitata dalla sezione della nostra città e io ero uno degli ospiti d’onore. E da qualche anno c’è Andrea, nostro figlio. Ma anche le nostre famiglie, gli amici. Anche Aism, ne sono diventato testimonial».

Dici spesso che “la tua vera malattia è la musica”. Perché?
«Perché la malattia può essere intesa come parola in tanti modi: sono ‘malato’ di pianoforte, sono ‘malato’ di quel film… per quel che mi riguarda è la musica. Senza la musica non potrei vivere. È questa la ‘malattia’ che ho messo al centro della mia vita».

Si deve aver paura della malattia?
«La malattia, come altre cose non belle della vita, fa parte dell’esistenza di ogni essere vivente. Così come la morte, la
malattia fa parte della vita. Non è una cosa buona. Ma è una grande maestra. Ti insegna il valore della dignità e
della vita. E poi, il suo ‘effetto collaterale’ è donarti nuovi occhi con cui guardare il mondo; ti fa vedere e sentire le cose in
una maniera nuova e più intensa» .

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